Il lievito madre è, in generale, un impasto caratterizzato dalla presenza di una fermentazione spontanea, derivata dalla proliferazione di batteri lattici e lieviti, provenienti dalla farina e dall’ambiente circostante. Può essere considerato come un vero e proprio ecosistema, al pari di qualsiasi altro ecosistema che troviamo in natura. Sono migliaia gli organismi che lo popolano, i quali sviluppano meccanismi di sopravvivenza che generano fenomeni e sostanze alla base di diversi prodotti da forno. Infatti, il lievito madre è ancora oggi fondamentale per diversi lievitati (panettone, pandoro, colomba, pani regionali) grazie alla straordinarietà del suo ecosistema.
A livello industriale, per la definizione di lievito madre si adotta la classificazione fornita da Brocker et al. (1995), il quale distingue tre tipologie di lievito madre:
- Tipo 1
- Tipo 2
- Tipo 3
Il lievito naturale di tipo 1 è quello usato per la produzione dei grandi lievitati e di diversi prodotti da forno. È sicuramente il lievito madre per eccellenza, e quello che permette di ottenere i risultati migliori. Si tratta di un impasto con consistenza solida, avente un Dough Yeld (consistenza dell’impasto) di circa 150-155, corrispondente a una idratazione del 40-50%. Tale impasto viene mantenuto con continui rinfreschi che tutti noi conosciamo, seguendo uno scrupoloso controllo di tutte le variabili quali farina, temperatura, acqua, pH. È mediamente composto da diverse specie di batteri lattici eterofermentanti, come L. sanfranciscensis, L. brevis, L. panis, produttori di acido lattico, acetico e di importanti molecole come gli esopolisaccaridi, nonché da diversi ceppi di lieviti che garantiscono l’aumento di volume del prodotto.
Il lievito madre di tipo 2 è invece un lievito avente DY molto più alto (220-250) e quindi con consistenza liquida. È detto comunemente Li.Co.Li (lievito in coltura liquida) e, grazie alla sua consistenza, è facilmente gestibile in appositi tank di stoccaggio e inserito negli impasti mediante sistemi di pompaggio dedicati. Ciò lo rende sicuramente più comodo rispetto al lievito di tipo 1. A livello industriale, tale lievito è normalmente gestito con cicli lunghi di fermentazione ad alte temperature (30-35°C), alternati a cicli a bassa temperatura (4-8°C), ed è usato per la produzione di diversi prodotti da forno come pan bauletti, merendine, pizze e derivati. A causa dei processi che subisce, il lievito di tipo 2 sviluppa una elevata attività batterica e quindi una intensa acidificazione, ma risulta più povero di potere lievitante. Ciò lo rende particolarmente indicato come “insaporitore”, ovvero come fonte di acidità e attività enzimatiche, mentre la lievitazione, e quindi la produzione di gas, viene favorita tramite l’aggiunta di lievito di birra. Oggi il lievito di tipo 2 sta riscontrando un importante successo e, in alcuni casi, viene gestito per permettergli di sviluppare un equilibrio microbico utile a garantirgli di essere usato in purezza, anche come agente lievitante.
Il lievito naturale di tipo 3 si presenta in forma disidratata, e deriva dal lievito di tipo 2, il quale subisce specifici sistemi di essiccamento. Tali processi, grazie alle alte temperature, determinano una notevole diminuzione delle specie microbiche presenti all’origine, selezionando gli organismi più termoresistenti. Ciò rende il lievito di tipo 3 principalmente una fonte di acidità e molecole aromatiche derivate dalla fermentazione precedente, ma non adatto a essere usato da solo in quanto privo di potere lievitante. L’essiccamento può essere realizzato attraverso degli appositi sistemi spray, che spruzzano il lievito liquido in camere ad alta temperatura, generando l’immediata evaporazione dell’acqua. Un altro meccanismo di essiccamento, usato anche per la produzione del latte in polvere, riguarda l’impiego di cilindri rotanti ad alte temperature. Un sottile strato di lievito liquido viene cosparso sul cilindro, con conseguente evaporazione dell’acqua. Durante tali meccanismi, si genera anche una intensa reazione di Maillard, la quale contribuisce allo sviluppo di aromi nella polvere di lievito.
Un ulteriore utilizzo tecnologico della pasta madre, ancora poco sfruttato, è quello relativo alla selezione di colture starter.
Che cos’è una coltura starter? È un pool di batteri selezionati in laboratorio, derivati dalla matrice di produzione di uno specifico alimento e usati per la preparazione dell’alimento stesso. Si studia la composizione microbiologica di un alimento fermentato, e si fanno crescere gli stessi batteri in laboratorio. Per farvi capire, gli starter oggi sono usati per produrre molti formaggi, yogurt, e salumi, con il vantaggio di avere una notevole riduzione dei costi. Lo stesso si potrebbe fare con il lievito madre, con un importante risparmio di tempo e denaro. Ad oggi la ricerca si sta concentrando molto su questo sistema, sebbene siamo ancora indietro. Come abbiamo visto in precedenza, la pasta madre è un ecosistema avente dei precisi equilibri e riprodurre tali equilibri è estremamente complicato. Sarebbe come riprodurre tutta la biodiversità della foresta amazzonica nel proprio giardino. Un po’ difficile.
Rispetto a qualche anno fa, abbiamo però fatto dei passi in avanti. Oggi sono disponibili diverse colture starter formate da alcuni ceppi batterici che possono essere aggiunte direttamente agli impasti, garantendo comunque un miglioramento del prodotto. Si parla comunque si inserire un numero esiguo di batteri, se comparato alle migliaia di specie presenti nella pasta madre.
Una tecnica che però può avere un grande potenziale, sfruttando delle colture starter, può essere la lievitazione mista. Infatti, usando una specifica coltura starter composta da batteri lattici selezionati per il nostro prodotto, e aventi particolari caratteristiche, potremmo realizzare una sorta di preimpasto acidificato, al fine di massimizzare l’attività fermentativa della coltura stessa, per poi aggiungerlo all’impasto finale. La forza lievitante verrebbe poi garantita dal lievito di birra. Tale tecnica è già usata da alcune grandi industrie, e potrebbe essere potenzialmente utile anche per un grande lievitato.
